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“La stranezza” di Roberto Andò – Recensione di Alessia Fusilli de Camillis

La congiuntura di scatenamento e il rotolare degli eventi

Rotolare degli eventi è un’espressione tratta dal Faust di Goethe, ripresa da Ogden (1997, 15) per esprimere la sua idea del lavoro analitico attraverso il linguaggio della drammaturgia: «Il modo in cui Goethe formula il dilemma di Faust riflette a mio parere ciò che è fondamentale nel compito terapeutico della psicoanalisi: lo sforzo di creare condizioni in cui possa avere luogo un tipo particolare di discorso nel quale l’analizzando e l’analista tentano di accrescere la propria capacità di partecipare al “rotolare degli eventi”, di fare esperienza (…) della vita emotiva dell’uomo».

Ecco il rotolare degli eventi proposto da Roberto Andò ne La Stranezza.

Sicilia, 1920. Fischio del treno. Luigi Pirandello (Toni Servillo) ritorna da Roma nella nativa Agrigento (Girgenti) per il compleanno dell’amico Giovanni Verga. Qui scopre che la sua anziana balia Maria Stella (Aurora Quattrocchi) è appena morta. Decide allora di organizzarle un degno funerale per il quale assolda Sebastiano Bastiano Vella (Salvatore Ficarra) e Onofrio Nofrio Principato (Valentino Picone), due singolari becchini e attori dilettanti.

Non riconoscendolo, i due, che riecheggiano a tratti Rosencrantz e Guildenstern di Shakespeare, gli rivelano con ingenuità di essersi imbarcati nell’impresa di allestire uno spettacolo di teatro amatoriale con una compagnia di paese. Pirandello dal canto suo è ossessionato dalla realizzazione di una nuova commedia. In preda ad una profonda crisi creativa e affascinato dai due, assiste alla prima della loro nuova farsa, interrotta da una serie di eventi imprevisti: lo spettacolo si trasforma in una resa dei conti tra platea ed attori e prende vita una peculiare fusione di teatro e realtà in cui pare di respirare aria di psicoanalisi (Musatti, 1982).

Come in una instancabile oscillazione di figura e sfondo, vita familiare e vita teatrale si prendono in gioco (Badoni, 2023). Succedono cose, trascorrono mesi, si consumano sapori e dissapori, amori e risentimenti. Fischio del treno. Bastiano e Nofrio sono invitati dal Maestro Pirandello al Teatro Valle di Roma per la prima di Sei personaggi in cerca d’autore, che divenne quello stesso anno un successo mondiale. Nel 1934 a Pirandello fu assegnato il Premio Nobel per la Letteratura.

Le udienze sono sospese

È stato detto che noi siamo un colloquio, noi siamo un dialogo (Borgna, 1999; Stanghellini, 2017). Essere umani significa essere in dialogo con l’alterità; un’alterità che incontriamo in noi stessi, nelle forme dell’inconscio, e nel mondo esterno, negli eventi e negli incontri con le altre persone. Potremmo allora parlare di relativa salute psichica o patologia in rapporto alla possibilità di mantenere un dialogo vivo con la nostra alterità, o, per dirla con La Stranezza, di dare udienza ai nostri personaggi in cerca di autore. La stanza d’analisi è in questo senso luogo di espansione delle narrazioni e la seduta psicoanalitica luogo di sogno e di teatro d’improvvisazione; luoghi sia di disvelamento del mondo interno del paziente e delle sue fantasie inconsce, sia di lavoro sulle trasformazioni narrative di ciò che non può ancora essere pensato, di ciò a cui non si è ancora potuto dare udienza.

Luigi Pirandello è a casa, in penombra. In una dimensione di confine tra sogno e realtà, si confida con Bastiano e Nofrio: «Da anni ho ormai l’abitudine tutte le domeniche mattina di dare udienza ai miei personaggi. Sono molto esigenti. Vogliono tutti essere ascoltati, risolti, messi in scena. La lista è ormai diventata lunga, quindi mi dispiace ma dovete aspettare. Magari ci rincontriamo. A Roma, in un bar o in teatro».

Come immerso in uno stato oniroide, Pirandello è disteso sulla chaise longue quando racconta a Bastiano e Nofrio la questione delle udienze ai suoi personaggi. Una notizia che ci era arrivata nella forma di appunto su un foglio di carta nell’incipit della storia; segno di qualche importanza. Uno psicoanalista direbbe che elementi (verbali o non verbali; espliciti o impliciti; reali o immaginati, fantasticati, sognati) che compaiono a inizio seduta o inizio analisi possono essere particolarmente significativi. Manifestandosi inconsapevolmente come una sorta di preludio musicale o di abstract del racconto della vicenda passata e forse futura del paziente, l’analista cerca di prestare attenzione alle battute inziali del dramma analitico.

La Stranezza comincia da un viaggio, un partire che è anche un tornare per poter ripartire e rilanciare la propria creatività. Le prime scene mi ricordano alcuni momenti iniziali di Assassinio sull’Orient Express del 1974, diretto da Sidney Lumet e tratto dall’omonimo romanzo di Agatha Christie. Come l’Hercule Poirot interpretato da Albert Finney, Luigi Pirandello cammina lungo le carrozze per prendere posto; è qui che il regista si sofferma sull’appunto del Maestro: «Ho affisso alla porta del mio studio un cartellino con questo. Avviso: sospese da oggi le udienze a tutti i personaggi».

Muore una madre. Sembra talvolta necessario attraversare una fase di sospensione (da un potenziale diniego alla fase di accettazione) per accedere ad un lavoro di elaborazione psichica che conduca alla possibilità del reinvestimento. Il racconto della preparazione alla sepoltura della balia Maria Stella sembra rappresentare, mettere in scena appunto, al tempo stesso e su un altro livello (Grotstein, 2009), il faticoso lavoro del lutto che attende Pirandello, lutto come ri-attraversamento di snodi esistenziali complicati, forse traumatici: «Ci sono troppi morti e pochi loculi in questo cimitero» dice Nofrio; ci sono forse ancora delle perdite, troppe ferite non ancora digerite, pensate che attendono un loro posto sulla scena psichica? Bisognerà usare la cosidetta stanza dei sospesi. «Da quanto tempo sono qui in attesa?» chiedete turbato il Maestro ai due cassamortari, che rispondono con amarezza: «Dipende, chi più e chi meno. Noi la chiamiamo la stanza dei capricci del destino. Ognuno ha la sua storia».

Il fantasma della stranezza

La morte della balia di Pirandello sembra costituire un puctum di intensità psichica, una congiuntura di scatenamento di un processo da compiersi: per superare il traumatismo connesso al lutto trasformando la perdita in ricordo di un oggetto materno buono, di un elemento soccorrevole e creativo, bisogna affrontare di nuovo quella antica, minacciosa stranezza dell’infanzia; bisogna rievocare la sorgiva incrinatura o la faglia delle vicissitudini infantili a partire da cui si è costruito il fantasma del soggetto (Rosso, 2023).

Pirandello è di nuovo al buio con i suoi fantasmi. D’altra parte proprio nella preparazione del funerale di Maria Stella, lo stesso Nofrio diceva a Bastiano: «Quante volte te l’ho detto che i morti sono vivi?». Ecco allora che la balia Maria Stella consola il piccolo-grande Pirandello: «Guardare troppo la luna, fa venire cattivi pensieri. Come devo dirtelo, Luigi? Quando eri piccolo, ogni volta che ti saliva la stranezza appoggiavi la testa sulle mie ginocchia. Lo hai fatto fino a sette, otto anni. Ti mettevi qua e io ti dovevo raccontare sempre la storia del figlio scambiato dalle donne cattive con un gobbo. Ti conosco troppo bene. Lo so che sei preoccupato, perché le idee non quagliano. Non riesci a scrivere la tua commedia. È vero? Vieni qua. Che ti faccio passare la stranezza. Nau, niu, il piccino si è addormentato. Niu, nau, il piccino così sognava. Si sognava gli angeluzzi. Gli cantavo il fatterello. Ninna nanna, ninna oh, il bambino si addormentò».

Dare nome alle inquietudini per viverle con temperata ansietà

Nel teatro della nostra vita quotidiana succede di «trasformare in pantomina la nostra dimensione di ferita» (Grotstein, 2009, 104), nel rotolare degli eventi tragedia e commedia, forme di vitalità e di morte si muovono toccandosi: si muore un poper poter vivere?

«Catarsi è pharmakon ma clistere è purga!» dice Bastiano in uno dei suoi controcanti a Nofrio, più impegnato a declamare citazioni colte e a ribadire la serietà e la verità del teatro. Alle prove del loro spettacolo, un primo scambio di battute racconta gli umori: «È sceso il vespro, l’ora della malinconia. E tu, Filiberto, non hai mai alcun turbamento che ti affligge? Come fai ad essere sempre così sereno? Non ho nessuno. Scopo e sono felice!». È il gioco degli degli equivoci e dei livelli, in una frase un cambio di punteggiatura ha la forza del rovesciamento del significato: «Senza pausa, Tano!» lo ammonisce Nofrio. «Non ho nessuno scopo e sono felice!».

Commentando il procedere dello spettacolo, Bastiano spiega a sua sorella Santina (Giulia Andò) quanto complesse siano in verità le cose: «Ma sai come vanno i drammi. A volte le parti non tornano, le battute scivolano, la trama s’ingarbuglia. Lo vedremo alla fine se è un dramma o una commedia».

Alla fine il Maestro fa ritorno a Roma. Ha potuto pensare i suoi personaggi in cerca d’autore. Può finalmente mettere in scena il suo dramma. Elementi di fantasia e di realtà hanno trovato una prima udienza. A noi spettatori sembra di trovarci al risveglio da un sogno complesso quando Pirandello si dilegua dal Teatro Valle stringendo a sé la figlia spaventata dalle reazioni del pubblico: «Lietta, non è successo niente. Vieni con me».

Palermo, 10 dicembre 1986. Leonardo Sciascia (1996, 237) pronuncia il discorso commemorativo nel cinquantenario della morte di Luigi Pirandello: «Tre scrittori hanno attraversato questo secolo dando il nome – il loro nome – alle nostre inquietudini, ai nostri smarrimenti, alle nostre paure e al tempo stesso, per quella catarsi o misura di contemplazione che è nelle rivelazioni dell’arte, permettendoci di viverle con temperata ansietà e disperazione: e uso questa parola – temperata – nel senso musicologico dell’accordare, dell’accordarsi, dell’accordarci; e del farsi ogni nota più pura, più cristallina, più vibrante. E sono, questi tre scrittori, Pirandello, Kafka, Borges».

Riferimenti bibliografici

Badoni M. (2023), Prendersi in gioco. Una psicoanalista racconta, Cortina, Milano.

Borgna E. (1999), Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano.

Grotstein J.S. (2009), But at the Same Time and on Another Level, Karnac, London (trad. it., Il modello kleiniano-bioniano. Volume primo. Teoria e tecnica, Cortina, Milano, 2011).

Musatti C. (1982), La struttura della persona in Pirandello, in Mia sorella gemella la psicoanalisi, Editori Riuniti, Roma.

Ogden T.H. (1997), Reverie and Interpretation. Sensing Something Human, Jason Aronson, New York (trad. it., Rêverie e interpretazione, Astrolabio, Roma, 1999).

Petrella F. (2011), La mente come teatro. Psicoanalisi, mito e rappresentazione, Edi.Ermes, Centro Scientifico Editore, Milano.

Rosso C. (2023), Guarire… dai fantasmi?, in Psiche. Rivista di Cultura Psicoanalitica, 1/2023, pp. 54-64.

Sciascia L. (1989), Alfabeto pirandelliano, Adelphi, Milano.

Sciascia L. (1996), Pirandello e la Sicilia, Adeplhi, Milano.

Stanghellini G. (2017), Noi siamo un dialogo, Cortina, Milano.

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