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“Arte è liberazione” di Montanari e Bigalli. Recensione a cura di Adriana Ramacciotti* e Donata Bacci**

Titolo: Arte è liberazione 

Autore: Tomaso Montanari, Andrea Bigalli 

Casa Editrice: Edizioni Gruppo Abele

Data pubblicazione: 16 settembre 2020

Pagine: 144

 

Tomaso Montanari insegna Storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Siena. Prende parte al discorso pubblico sulla democrazia e i beni comuni con libri, saggi, articoli e interventi anche sui mezzi televisivi e sui social. È tra gli animatori di Volere la luna. Laboratorio di cultura politica e di buone pratiche. Per Edizioni Gruppo Abele ha scritto Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’Italia senza verità (2017).

Andrea Bigalli è un prete e parroco fiorentino, docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana e socio dell’Assemblea Teologica Italiana. Giornalista pubblicista, è critico cinematografico iscritto al Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, collabora con Radio Toscana e altre testate. È referente regionale di Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.

Quarta di Copertina

L’arte è bellezza, ma è, prima ancora, storia delle persone e del loro percorso di liberazione e di presa di coscienza del mondo e della società. Le opere d’arte non sono solo “pezzi da museo” o, peggio, oggetti di consumo di quella che viene chiamata l’industria culturale. Studiare l’arte e visitare le sue espressioni serve a diventare cittadine e cittadini. Amare l’arte non significa occuparsi dei gingilli dei ricchi, ma di un patrimonio culturale comune che appartiene anche a chi, apparentemente, non ha nulla. Un patrimonio grazie al quale scoprire che è esistito un passato diverso, e che dunque sarà possibile anche un futuro diverso. Da questa consapevolezza nasce il libro di Tomaso Montanari e Andrea Bigalli, una finestra su venti vere “grandi opere”, note e meno note, del nostro Paese. Spaziando fra venticinque secoli e venti regioni, si va da Masaccio ai Murales di Orgosolo, dall’Abbazia di Novalesa a Giotto, dai Bronzi di Riace a Carlo Levi.

 Recensione

La lettura del libro “Arte e liberazione” è stata molto interessante e ha stimolato in entrambe molte riflessioni profonde e personali. Ci fa molto piacere recensire questo libro, proprio per le tante motivazioni che la sua lettura ci ha spinto a mettere a fuoco: la bellezza evocatrice delle opere commentate, il senso di atemporalità che unisce presente e passato e, non ultima la stima e la conoscenza degli autori. L’impresa, all’inizio, ci era sembrata impossibile, essendo entrambe profane sia in tema di arte che di religione. Il fatto, però, che questo libro sia stato concepito come un dialogo tra amici ci ha incoraggiate a scrivere.

La copertina riporta un particolare del dipinto Le Sette opere di Misericordia di Caravaggio, come a illuminare e rendere evidente quella che è una delle idee di fondo sulle quali si sviluppa il libro: la forza di attrazione irresistibile dell’arte, in questo caso, attraverso l’uso magistrale della luce e di movimento del sommo artista. Arte intesa come linguaggio che parla a tutti e è compreso da tutti, che arriva a insegnare all’uomo non attraverso l’intelletto ma attraverso l’emozione.

“Arte è Liberazione” è un libro scritto nel 2020, quando il primo periodo di lockdown, causato dall’epidemia di Covid 19, ha provocato in tutti noi la sensazione netta di un cambiamento radicale nel rapporto con lo spazio esterno e, contemporaneamente, la nostra libertà individuale di movimento è stata fortemente messa in discussione, obbligandoci a un periodo di fermo, dove i giorni erano tutti uguali e il tempo sembrava trattenuto, costringendoci a riflettere sulle evidenti contraddizioni del nostro stile di vita.

Gli autori, Tomaso Montanari e Andrea Bigalli, propongono attraverso la presentazione di venti opere d’arte, una per ogni regione italiana, un viaggio nello spazio e nel tempo. Un viaggio particolare, in cui i loro sguardi diversi s’incontrano, in una riflessione ininterrotta che va dall’arte alla società contemporanea. Attraverso lo snodarsi del percorso narrativo, la bellezza dell’opera diviene un dispositivo che serve sia a illuminare le distorsioni della storia e quelle della nostra attuale società̀, sia a consegnare un messaggio di speranza: la possibilità di costruire una società attenta al senso di comunità e di futuro, facendo tesoro della storia passata.

Ecco allora che gli autori, opera dopo opera, tessono e indicano il loro insegnamento: l’arte ha l’immenso potere di liberarci!

Gli autori affrontano innumerevoli tematiche per esprimere l’idea di fondo del libro, entrambi con uno stile che lascia intendere anche il loro personale stupore davanti alla bellezza. Il dialogo tra gli autori esplora la poetica dell’artista e i possibili punti di vista su tematiche attuali in diversi secoli di storia dell’arte. Montanari motiva la scelta di ciascuna opera all’inizio di ogni capitolo; si sofferma su come essa sia stata concepita e come sia stata realizzata, il suo contesto ambientale e storico, il messaggio che essa dispensa alla nostra contemporaneità. Bigalli interviene legando il messaggio delle opere a episodi del Vangelo, utilizzando riferimenti a film, libri e concetti filosofici, con il fine di attualizzare il messaggio per riportarlo all’attualità. 

La relazione dell’opera con l’ambiente circostante e il rapporto tra opera e natura, sono particolarmente messi in risalto da entrambi gli autori. Natura e cultura vanno di pari passo: un’idea di forte vitalità che mette in relazione l’opera con l’ambiente, una continuità armoniosa come quella della natura con l’individuo. L’opera vive nella natura e viceversa. Montanari sceglie l’Abbazia di Novalesa in Val di Susa, (Piemonte): “Non c’è cesura, o confine, tra ciò che l’uomo ha imparato a leggere e ad amare nel mondo e ciò che l’uomo ha fatto per completare quel mondo”, riferendosi, con queste parole, al rapporto viscerale con il paesaggio e con l’ambiente. In linea, Bigalli, si esprime a favore di un’ecologia sociale e umana come quella del Laudato si’ di Papa Francesco che, sensibile al rispetto dell’ecosistema, simultaneamente invita a essere non solo fruitori e abitanti ma anche custodi responsabili e generosi del nostro pianeta; un sentimento che si sviluppa quando sentiamo profondamente l’appartenenza a un luogo. 

Questa sensazione descritta dagli autori è stata particolarmente tangibile nel periodo del lockdown.

La natura si è resa maggiormente visibile durante la pandemia, quando gli spazi delle città si sono svuotati e era possibile intravedere una maggiore corrispondenza tra le opere d’arte e la natura. Molte fotografie sui social network riprendevano questa relazione, il cielo sembrava più a contatto con la terra, le tonalità del paesaggio più intense, i contorni e le forme urbane definiti, la bellezza esaltata. Camminando per le strade del centro storico di Firenze capitava di scoprire degli angoli “mai visti”, facciate di palazzi nella loro maestosa nitida completezza: era possibile constatare, con un senso “perturbante”, quanto il vuoto rendesse visibile ciò che abitualmente era coperto o velato dai flussi eccessivi del turismo di massa.

 

Quando lo sfondo balza in primo piano, non è una sensazione facile da tollerare, perché può essere il segnale di una situazione molto critica. Lo spiega Montanari quando descrive la Flagellazione di Piero della Francesca, (Marche) e, magistralmente, ci fa notare la funzione di questa distribuzione scenica dello spazio. Sono i tre personaggi in primo piano, uomini di potere, a dare maggiore drammaticità alla flagellazione che è collocata in un secondo piano: “il proscenio è occupato da qualcosa che non si dovrebbe vedere”, esso svela le trame. Questa inversione mette in primo piano ciò che effettivamente è tessuto nel retroscena, quando c’è una condanna a morte. Ed ecco la potenza dell’opera, che togliendo il velo al gioco malvagio del potere, provoca in noi un senso immenso di angoscia e impotenza, perché siamo pervasi dalla sensazione di malessere nel vedere e percepire con quanto impegno e distruttività è orchestrata un’ingiustizia. 

Il collegamento con il pensiero di Freud scatta immediatamente; in particolare, quando egli si domanda, non nascondendo un tono leggermente pessimistico, alla fine di “Il disagio della civiltà”, fino a che punto l’evoluzione civile riuscirà a padroneggiare i turbamenti della vita collettiva provocati dalla pulsione aggressiva e autodistruttrice degli individui. Una riflessione che mette in primo piano l’onnipresenza dell’odio e degli impulsi aggressivi presenti in ogni uomo e che interroga ognuno di noi su quanto sia possibile riconoscere questo “fattore molesto” e trasformarlo, oppure, come avviene in certi casi individuali o sociali, sia una funzione psichica intrattabile. (Semi,1999; Luchetti, 2020).

A proposito di trasformazioni, Montanari sceglie la Cattedrale di Siracusa, (Sicilia), già tempio di Atena del V secolo a.C., che divenne una moschea fino al 1093 e poi venne trasformata in chiesa cristiana dai normanni. 

La stratificazione di tempi e di civiltà, che in modo ubiquitario si ritrova in quasi tutte le città italiane, nelle loro strade e quartieri, in questo capitolo, viene presentata con un titolo suggestivo: “La cattedrale dove tutto è avvenuto, tutto è nel presente”. È una riflessione centrale e portante di questo libro. Osservare che il passato sia intriso in ogni cosa del presente fa ancora più effetto quando si tratta di un luogo sacro. “…La testa inizia a girare” dice Montanari. “I luoghi del sacro sono – comunque – spazi storici, gli eventi ne definiscono un significato che evolve nel tempo”, afferma Bigalli che si chiede quando e in che modo uno spazio può essere modificato simbolicamente ed essere riutilizzato. 

La configurazione degli spazi di accoglienza aiuta a garantire i diritti e Bigalli, in proposito – nel capitolo che prende in considerazione il Tempietto longobardo di Cividale, (Friuli Venezia Giulia)-ci racconta la storia della pieve dopo la caduta dell’impero romano. Egli la considera come un luogo non solo di “fuga dalla malattia della città”, ma anche un luogo per far evolvere le nostre aspirazioni a una diversa società, rendendoci sensibili alla preziosità della contaminazione con altre etiche e, quindi, un luogo di speranza verso una terra libera. La liberazione necessita di un lavoro, di interrogarci in quale misura l’esistenza del diverso o di culture differenti, possa essere ammessa da ogni individuo senza esplosioni di odio e di rifiuto. 

L’idea dell’arte come capacità di liberare i sensi e fantasie erotiche viene introdotta da Montanari quando ci parla dell’ambiguità della Maddalena di Canova, (Liguria). L’espressione di pentimento religioso e la sensualità delicata e irresistibile, capace di accendere il desiderio dell’osservatore vengono tuttavia contrapposte ad un altra idea, -pervasiva purtroppo nella nostra società-, di corpo come oggetto di consumo ipersessuato che può condurre a tragici epiloghi come il femminicidio e l’omofobia. Considerazioni che servono a Bigalli per fare un appello al maschile della contemporaneità, affinché muti le sue immagini e fantasie sul femminile, che non solo si è già ripensato, ma che è in continua evoluzione. Nell’analisi di quest’opera gli autori, inoltre, esprimono un’idea di individuo come una totalità inscindibile, una concezione non dualistica del rapporto corpo-mente, che noi condividiamo.

Infine colpisce lo stile con il quale gli autori parlano delle venti opere, in grado di stimolare in noi lettori una serie di infinite considerazioni sulla funzione dell’opera d’arte da rimettere al centro delle nostre esistenze così “industriali”.

“Arte è liberazione” porta a conoscenza opere non sempre molto note ed è scritto in un linguaggio accessibile. È un libro che invita a non leggerlo tutto d’un fiato, decidendo quale capitolo leggere in base all’opera che attrae di più o ai temi intuibili dai titoli suggestivi oppure seguendo un itinerario fra le varie regioni italiane. Insomma un libro da tenere vicino sul comodino e da rileggere per riprovare piccoli brividi di ribellione e di fede. 

 

 

 

Bibliografia

Freud S. (1929) Il disagio della civiltà. O.S.F., 8.

Luchetti A. (2020) Il fattore molesto. In: Freud S. Il disagio nella civiltà. Feltrinelli.

Semi A.A. (1999) Cultura e odio: un punto di vista psicoanalitico. Rivista di Psicoanal., 45(4):843-850.

 

Arte è liberazione è uno dei sei finalisti della sessantanovesima edizione del Premio Bancarella di Pontremoli 2021.




*Adriana Ramacciotti psichiatra, psicoanalista Centro Psicoanalitico di Firenze, SPI

**Donata Bacci avvocata Socia di Giuristi Democratici. Osservatorio Nazionale del Diritto di Famiglia

 

 

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