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Maestro S. (2019)Psicoanalisi e Istituzione

Testo della relazione presentata al convegno

“Il contributo della psicoanalisi nei servizi di salute mentale per minori”

Firenze 26.01.2019

 

Psicoanalisi e Istituzione

Tra  i  molti  psicoanalisti  che  si  sono  occupati  del  lavoro  nelle  istituzioni,  sceglierò    per    il  mio contributo di oggi  Kaes  e il suo modello di psiche.   Secondo Kaes  “la psiche è strutturalmente organizzata come un insieme di gruppi “: la  rete  delle  identificazioni,  la  struttura  distributiva  permutativa  e  drammatica  dei  fantasmi originari  interni,  le  istanze  dell’apparato  psichico e  specialmente  l’Io. i  sistemi  di  relazione  d’oggetto,  l’immagine  del  corpo,  l’orda  originaria….”(Kaes  1999  pg  123)  formerebbero dei   gruppi interni e l’attività psichica,  rappresentazioni, affetti e oggetti)  si costituirebbe  sulla base  di legami di aggregazione o disaggregazione tra le singole entità gruppali”. l’Istituzione allora  potrebbe  essere  modellizzata  come  una  serie  di  gruppi interni , costituiti dalle singole unità di lavoro, articolate sulla base dei compiti istituzionali  cui sono preposte . Seguendo questo modello le diverse unità operative che compongono una Istituzione Curante, nel mio caso la Fondazione Stella Maris, potrebbero allora  rappresentare dei gruppi interni che operano nella  Mente Istituzionale. Sempre  secondo  Kaes    la  presenza  dei  gruppi  interni      porterebbe  alla  creazione  di  uno  spazio  intersoggettivo della  psiche  dentro  la  psiche che    rappresenterebbe  la  base  dell’esperienza  dell’intersoggettivo tra più  menti. Utilizzando  questo  modello  si  potrebbe  dire  che  ogni  gruppo  interno/  sezione  clinica/unità operativa che si forma nell’ Istituzione  oscilla  tra  un  funzionamento intra-gruppale ed  uno inter- gruppale,, con un movimento che sollecita l’immagine di un caleidoscopio, in cui l’aggregarsi variabile e dinamico tra gruppi interni crea una rete di  configurazioni multiple, che variano di volta in volta a seconda della posizione delle singole parti.

 

 

 Per  quanto  riguarda  l’analisi  delle  dinamiche  intra-gruppali le vicissitudini legate alla clinica, al contatto con i pazienti, alla relazione tra operatori, tra equipe e oggetto di lavoro possono essere rilette e ricomprese  all’interno del modello   bioniano, con le  sue oscillazioni  tra gruppo di lavoro e gruppo in assunto di base.  

Rimane  a  mio  avviso  cruciale  l’esplorazione  dell’area  dell’inter-soggettivo, ovvero il modo in cui all’interno della Mente Istituzionale si governano i  processi  di    interazione    tra  i  diversi  gruppi  interni  e quando   questo organo   funziona  come  un  apparato  pensante  e  integrato  e  quando al contrario,  si  sente minacciata  e mette a rischio di sopravvivenza parti di sé (gruppi interni o singoli) per proteggere la propria  integrità.

Ovviamente anche  i singoli soggetti, sono esposti alle tensioni di questa oscillazione, che li attraversa a livello personale,  gruppale e Istituzionale. Nell’insieme multistrato Guelfo Margherita (2012) parla di sguardo polioulcare, come quello di una mosca, necessario a tenere insieme più punti di vista: lo stesso stato  emotivo , vissuto dal singolo operatore  durante l’incontro con un paziente, può attraversare simultaneamente multi strati e presentarsi come un vissuto di odio e rabbia nel soggetto,  o come un assunto di base attacco e fuga nel gruppo, o come  un conflitto e competizione nella Istituzione  o  infine  rappresentare il riverbero di una situazione sociale di  guerra e catastrofe nel contesto storico   che  il singolo, il gruppo, l’istituzione stanno vivendo.  

In queste oscillazioni  il soggetto può  sentirsi attraversato  da contraddizioni tra sentimento di appartenenza e  missione dell’istituzione, o al contrario “messianicamente” identificato con gli scopi dell’Istituzione stessa. Molti  psicoanalisti  si sono occupati di questi temi ,  tra questi  Antonello Correale  ha offerto  nei  suoi testi  delle chiavi di lettura  del funzionamento dell’Istituzione  originali  e creative; in estrema sintesi si potrebbe dire che   la Psicoanalisi offre all’Istituzione un  meta-sguardo, una prospettiva, un vertice di riflessione  che risignifica e ricontestualizza l’essere e il divenire nel rapporto tra soggetto, gruppo,  istituzione, contesto storico- sociale di riferimento, evidenziando l’ineludibile inter-dipendenza di tutti questi livelli. 

Gli Psicoanalisti nelle Istituzioni.

Cosa spinge uno psicoanalista a rimanere dentro l’Istituzione? Interesse, curiosità, ricerca, possibilità di estendere l’area del suo operare? Masochismo, ansia di separazione, delirio di povertà,  terrore della solitudine ?  Credo che le motivazioni  di questo legame vadano ricercate  nella storia della persona ,  nel tipo di transfert che si attiva nei confronti dell’oggetto Istituzione, nella   capacità/possibilità per il singolo di coniugare più identità (quella di psicoanalista e di operatore di salute mentale) e più  appartenenze; nella trama di sottofondo  dell’Istituzione  viene proiettata  la matrice  gruppale dell’intrapsichico , incluse le conflittualità e i nodi irrisolti del singolo nei confronti delle proprie radici gruppali/ transgenerazionali  .

 Il rapporto con i pazienti  modifica costantemente questi equilibri con  un meccanismo il cui focus di volta si sposta a seconda  dell’evento critico, o  in linguaggio bioniano, il fatto scelto. Tale evento può collocarsi in un  fraintendimento tra un genitore e l’infermiere della notte; tra un difetto di trascrizione di una terapia farmacologica con la  conseguente risonanza ai “piani alti”  (a livello di Direzione sanitaria) ; una crisi di un paziente o un contrasto all’interno dell’equipe su una scelta terapeutica 

L’evento critico, nel turno di equipe, diventa  allora anche occasione di riflessione e pensiero sulla trama relazionale di cui è intessuta la vita nelle istituzioni, con reti di contatto, “nuove e imprevedibili sinapsi” che si stabiliscono tra soggetti diversi, problematiche svariate, “piani alti e piani bassi”, sezione diurna e degenza notturna , in un’ottica che sostenga il buon funzionamento della Mente Istituzionale, implementando i fenomeni di integrazione e limitando quelli di scissione.  I seminari condotti da Giovanni Hautmann per molti anni nelle Istituzioni di salute mentale, inclusa la Fondazione Stella Maris, hanno creato i pre-requisiti  per l’emergenza di questo modello. 

Lo psicoanalista  con la sua formazione  è un operatore,  con più consapevolezza e  più spinta e motivazione a cercare  pensabilità a quello che succede nella relazione con i pazienti e con e tra gli operatori : è lo “stakeholder” naturale  del buon funzionamento della mente istituzionale.     Mette    a disposizione gli strumenti  fondamentali del mestiere ovvero     accoglienza,    condivisione,  empatia,  rappresentabilità  e  trasformabilità  delle  emozioni,  ricerca  di  senso  e  significato  alla  patologia  mentale.    E’  il portavoce  della cultura clinico-trasformativa , che può  contrastare il riduzionismo biologico/ organicista, o  il categorialismo  diagnostico ,  l’uso  cioè della diagnosi  come equivalente descrittivo del soggetto e della persona.

In un turno dovevamo parlare di una  adolescente per un passaggio di consegne tra un equipe e l’altra;  la collega  mi stava descrivendo con accuratezza  la ragazza, in termini di  Asse I, Asse II  del DSM 5 (disturbi  dell’umore, d’ansia, tratti ossessivi, cluster b,c, di personalità ); a un certo punto le chiesi “Si, ma lei dove è?” Allora la giovane specializzanda a fianco  con poche parole relative ai colloqui  e mostrando qualche disegno,  tratteggiò un “bozzetto”,  che attivò nella mente dei presenti  una   prima forma embrionale di reverie, o  di “raffigurabilità” (Botella)  sulla paziente.

Forme embrionali di reverie : le radici di un progetto

Molti anni fa, discutevo con mio marito, lo psichiatra Mauro Gallevi, sulla possibilità di estendere anche ai soggetti con disturbi della condotta alimentare, l’esperienza  di ortotherapy e di greentherapy che lui stava pioneristicamente introducendo in Toscana, nell’Area della Valdera, attraverso i primi progetti di Agricoltura Sociale.  A distanza di 10 anni, la neonata struttura ad alta intensità riabilitativa per minori affetti da DCA, “Gli Orti di ADA”  ha in sé, anche il seme di quegli antichi scambi, a conferma dell’impronta personale ed affettiva che  modella il nostro legame con la creatività e la progettualità all’interno della Istituzioni.

GLI ORTI DI ADA (Assistenza ai Disturbi Alimentari)

Si tratta della prima struttura di questo tipo nata nella Regione Toscana,  sulla base della Delibera regionale del 29/11/2015, specificamente  tarata sulla fascia di età della pre-adolescenza e dell’adolescenza, nata da una joint adventure  tra IGM-Consorzio Zenith e la Fondazione Stella Maris .  L’indicazione alla residenzialità è rivolta a quei soggetti in cui il trattamento ambulatoriale non sortisce miglioramenti significativi, il DCA è di lunga durata, sono presenti pensieri disfunzionali molto intensi, vi è necessità di un monitoraggio intensivo  per riprendere una alimentazione adeguata, vi sono complicanze fisiche , psichiche e relazionali rilevanti, per cui il proseguo della cura a domicilio non è temporaneamente praticabile.

Il  percorso psico-terapeutico del soggetto e della famiglia, finalizzato ad un cambiamento della rete di relazioni interne al sistema, oltre che alla ripresa dei processi di crescita personale del minore, in funzione di una sua possibile re-integrazione nel gruppo dei pari.  Il  filo conduttore dell’intervento è il paradigma del “buon cibo”, declinato nelle sue diverse forme, concrete/biologiche, simboliche, conviviali/sociali. Per questo accanto alle attività terapeutiche tradizionali,  psicoterapie individuali, familiari e di gruppo, declinate a misura della fascia di età della pre-adolescenza ed adolescenza, sono inserite attività di ortotherapy e green therapy, con laboratori per la  lavorazione e la trasformazione degli alimenti. 

Per quel che riguarda il soggetto il focus dell’intervento procede da un consolidamento della consapevolezza di malattia, alla costruzione dell’alleanza terapeutica, fino alle soglie  della motivazione al cambiamento. Non è quindi il luogo della guarigione, ma quello della ripresa dei processi di crescita e di spinta alla individuazione adolescenziale. 

Gli ambiti di intervento sono 3, il soggetto, la famiglia e l’ambiente, il modello di lavoro è quello di rete, attraverso una collaborazione stretta con la famiglia e  i servizi invianti in modo da creare attorno al soggetto e alla famiglia  una costante tessitura di legame con il territorio di provenienza, compresa la scuola .La cultura clinico-trasformativa è il motore centrale di un luogo di cura come questo in cui  ci si muove sempre in bilico tra salute e patologia, tra psiche e corpo, tra impotenza e oppositorietà, tra  sviluppo e regressione, tra  inverno e primavera.

Qualche tempo fa il neonato gruppo dei primi ospiti era composto da tre pazienti, entrate a distanza di poche settimane l’una dall’altra. Un pomeriggio mentre mi spostavo da un reparto all’altro, vidi un operatore che stava portando due delle ragazze a fare la passeggiata del pomeriggio. Era una giornata di sole, i 3 avevano un volto sorridente e formavano un quadro  armonioso, di piacevole e incoraggiante vitalità. Incrociandoli chiesi all’operatore della terza paziente, e mi fu risposto “è rimasta dentro, per una delle sue solite crisi”. Nella mia reverie del momento e nelle successive discussioni con il gruppo degli operatori, il gruppo dei pazienti si fantasmatizzò come  un  neonato, con i suoi stati di veglia quieta e curiosa apertura al mondo,  alternati  agli  stati di turbolenza psico-biologica in cui  il pianto e angoscia segnano la tensione  per  l’emergenza dello psichico dal corpo, del pensiero dal biologico, di cui in quel momento la paziente si faceva porta-parola.  Questa visualizzazione, che secondo Kaes potrebbe essere definito come il soggetto inconscio del gruppo,  aiutò gli operatori a sentirsi a loro volta come  “neo-genitori” che devono apprendere a sostenere con la loro reverie i momenti di crisi, di buio e di sconforto.

Nella introduzione del testo “Neonati visti da vicino” c’è un passaggio che sottolinea la differenza tra il dominio della psicologia dello sviluppo, che con i suoi esperimenti ci mostra le meraviglie  della maturazione delle competenze del neonato  e quello della psicoanalisi che si occupa di riparare le lacerazione e di conflitti associati a questa stessa maturazione. 

Credo che questa, insieme a molte altre sia il contributo  della psicoanalisi al lavoro nelle Istituzioni.

Bibliografia:

Bion W (1961) “Esperienze nei Gruppi”, Armando Editore, Roma 1971

Botella C e Botella S (2004) “La raffigurabilità psichica”,Edizioni Borla, Roma

Correale A(1991) “Il campo istituzionale”, Edizioni Borla, Roma

Correale A(1993)”La supervisione nei Servizi Pubblici” in  Asioli F,Ballerini A, Berti Ceroni G (a cura di) “Psichiatria della Comunità. Cultura e pratica. Bollati Boringhieri Editori, Torino

Gallevi M (2010) “I semplici ritrovati: un progetto per la promozione della salute”,in Lapsus Libri

Hautmann G (1999) “Seminari psicoanalitici di gruppo”  (a cura di Antonino Brignone), Edizioni ETS, Pisa, Hautmann.G(2002) “Funzione analitica e mente primitiva” Edizioni ETS , Pisa

Kaes R.(1999) Le teorie psicoanalitiche del gruppo, Edizioni Borla, Roma 2012

Margherita G. (2012) “L’insieme Multistrato” Armando editore, Roma 

Miller L, Rustin M, Rustin M, Shuttelworth J (1993) “Neonati visti da vicino” Astrloabio Ubadlini Edizioni . 

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