Di Chiara, G. (2001). Recensione del libro di Giangaetano Bartolomei (2000). Come scegliersi lo psicoanalista. Rosenberg & Sellier, Torino, che pubblichamo per gentile concessione della Riv. Psicoanalisi, 47:597-599.
Ho subito letto con interesse questo libro di Giangaetano Bartolomei per un motivo molto semplice : tanti anni fa, all’inizio del mio lavoro, la diffusione della informazione sulla psicoanalisi era assai poca e, il più delle volte, affidata a incerti e poco preparati divulgatori, che penetravano con le loro prospettive fantasiose, idealizzanti o denigranti, nella stanza dell’analisi, a fianco dei sistemi difensivi dei pazienti.
La situazione è cambiata, certamente, nell’attuale epoca della diffusa chiacchera psi-psa, ma non in meglio: è aumentato a dismisura il volume degli scritti dedicati all’argomento, ma essi sprofondano, nella generalità dei casi, in un pantano di cattiva informazione su pratiche psicologico-psicoterapiche, che poco o nulla hanno a che fare con la psicoanalisi, che rimane così molto nominata e poco conosciuta. Che uno psicoanalista con, in più, una specifica competenza sociologica, metta mano a un libro di divulgazione e informazione sulla psicoanalisi è dunque assai meritorio.
Alla fine della lettura, che si compie di un fiato per la bella scrittura del libro, si è colti da un senso di sorpresa e di ammirazione. Difatti se il volume è prezioso per un pubblico che ha desiderio di orientarsi, esso lo è altrettanto per l’esperto psicoanalista, che viene a trovarsi dinanzi al complesso panorama della propria scienza e della propria pratica, esposto con singolari chiarezza e profondità nelle linee essenziali dei temi e dei problemi che lo compongono. A Bartolomei è riuscito di comunicare sui due fronti con grande efficacia. Ai potenziali pazienti ha spiegato bene, con equilibrio e chiarezza, cosa possono ottenere dalla psicoanalisi e, soprattutto, come possano incontrarsi con l’autentica psicoanalisi e non con le tante contraffazioni di essa che sono in circolazione. Agli psicoanalisti ha offerto un quadro completo dello stato dell’arte con i problemi della psicoanalisi, le sue difficoltà, ma anche la ricchezza del patrimonio disponibile e le sue importanti prospettive. E ciò è avvenuto in maniera particolarmente felice, forse proprio perché l’intento dell’Autore è stato sempre quello di parlare al pubblico non informato, o male informato, e non agli specialisti.
Sono cinque capitoli, che scorrono densi e insieme leggeri, ricchi e semplici insieme. Si comincia con un mettere un po’ d’ordine nella “babele dei nomi”, di informare su chi è lo psicoanalista, e su cosa è la psicoanalisi, nella congerie affannosa e affollata di psicologi, psicoterapeuti, curatori di ogni tipo e qualità. E debbo dire di condividere per intero la posizione dell’Autore, in ogni suo punto, con una sola eccezione: la rinuncia a volere differenziare la psicoanalisi dalla psicoterapia psicoanalitica, e la decisione di riferirsi insieme a tutte e due le pratiche, considerandole nella sostanza sovrapponibili.
Debbo però aggiungere che, se è vero che una distinzione è, secondo me, fattibile, essa non è facile da comprendere per un non addetto ai lavori. Inoltre non sempre le due pratiche rimangono separate in corso d’opera, per diversi e importanti motivi.
Infine rimane vero che l’operatore specializzato che può realizzare sia l’uno che l’altro intervento non può essere altro che quello che ha affrontato una formazione psicoanalitica: allo psicoanalista compete l’esercizio della psicoanalisi, così come della psicoterapia psicoanalitica.
Di straordinaria finezza e pregnanza è la parte finale del capitolo dedicata alla sociologia economica della psicoanalisi, al suo mercato, ai guadagni degli psicoanalisti, agli onorari e ai sacrifici economici dei pazienti.
Agli “attrezzi dello psicoanalista” è dedicato il secondo capitolo. Il suo spessore è tutto nella solida convinzione che lo strumento principale dell’attività psicoanalitica è la mente dello psicoanalista; è, cioè, quella specifica funzione mentale “psicoanalitica”, di cui si è dotato questo specialista, attraverso l’educazione che ha avuto nel corso della sua impegnativa formazione. Questa formazione deve averlo aiutato a sviluppare le competenze mentali che servono a ridurre e controllare le caratteristiche sfavorevoli all’esercizio della attività psicoanalitica.
Il terzo capitolo, dal titolo “Il primo incontro”, aiuta il lettore a identificare lo psicoanalista autentico fin dalle prime mosse. E subito mette in evidenza le grossolane contraffazioni della psicoanalisi nelle quali il pubblico si imbatte con grande facilità nella galassia delle offerte di terapia psicologica. Ma anche la esigenza del paziente di trovare prima di tutto un autentico psicoanalista, e, in secondo luogo, uno psicoanalista adatto alle sue esigenze. Nel labirinto della molteplice offerta si va, dunque, dal ciarlatano, che va a cena con il paziente, all’analista che non piace al paziente, anche se di sicura notorietà.
Con il titolo “Differenti tipi di psicoanalisti”, il quarto capitolo guida il lettore a farsi una idea del percorso psicoanalitico, delle sue difficoltà e delle sue esigenze, così come della sua importanza e dei suoi risultati. Ed è sempre più chiaro, a questo punto, come vada emergendo, dietro al chiaro disegno di orientare il lettore, quell’altro, di raccontare così bene la psicoanalisi con le sue caratteristiche.
Questa, la psicoanalisi, non è poi così divisa, per come troppo spesso vogliamo, o ci vogliono, far credere: differenti sono gli psicoanalisti; ben più solida e coesa è la psicoanalisi. Il problema è che gli psicoanalisti devono riuscire a fare psicoanalisi, nonostante le loro personali differenze; devono sapere ben valutare il peso della loro personalità sulla loro attività professionale psicoanalitica. È in questa prospettiva che gli ultimi due paragrafi del capitolo sono dedicati alla “psicoanalisi come professione (e i suoi rischi)”, e ai “difetti degli psicoanalisti”. L’analisi delle motivazioni dello psicoanalista (che possono essere tante, per difesa, per ripiego, per passione,…) nel corso della sua formazione, prima, e della sua formazione permanente, dopo e per sempre, deve sfociare nella realizzazione e nel mantenimento di quel “buon analista”, di cui Bartolomei cerca di definire il profilo nel capitolo successivo e ultimo del libro, “Conoscersi e cambiare”.
Con misura, ma anche con passione, l’Autore tratteggia l’esperienza psicoanalitica, ricordandone gli scopi, mettendo in rilievo particolare quella conoscenza di se stessi, che deve essere realizzata dal buon analista e che ha la caratteristica e il pregio di realizzare “cambiamento e guarigione”.
È convinzione del recensore che questo libro sia un assai ben riuscito quadro della psicoanalisi nella sua autenticità e ricchezza di contenuti e di potenzialità. Un quadro che nascendo dalla esperienza del suo Autore nella realtà professionale e sociale del nostro paese, testimonia anche il punto di sviluppo e maturità degli psicoanalisti, di quelli veri, che l’Autore vuole aiutare il lettore a incontrare, di quei “nemmeno duemila in tutt’Italia” (p.32). Questo libro è un importante documento sulla psicoanalisi, che nessuna persona interessata dovrebbe sconoscere. (Giuseppe Di Chiara)