Resti e Scarti, oggetti psichici e culturali che sembrano ‘cadere fuori’ da ogni matrice rappresentativa, da ogni possibilità di riconoscimento storico, oggetti che però inesorabilmente “ritornano’nelladimensione dell’attualità, rappresentando specificamente ‘ciò che non è mai stato in scena eppure non esce mai di scena. Tanto nella clinica quanto nelle dinamiche sociali ciò che non può, e non potrà mai, iscriversi in una storia, individuale o collettiva, ciò che costantemente resta al di fuori dello spazio del pensabile, inattuale per definizione, è d’altro canto proprio ciò che costantemente si attualizza: quell’ originario che pervade ogni possibile forma di psichicizzazione. L’attuale diventa allora soprattutto ciò che si manifesta direttamente nel corpo, nell’atto, tutto quanto non può essere inscritto in una temporalità soggettiva, così come l’originario, col suo portato di radicale inattualità, resta il luogo del non-inscrivibile, di ciò che “non cessa di non iscriversi”. Attuale ed originario rimandano allora inesorabilmente l’uno all’altro.
Mentre di fronte al lavoro psichico di costruzione di un ‘resto di niente’, si può immaginare l’atto analitico come tentativo di dare consistenza psichica a ciò che non ha mai preso forma, di fronte agli oggetti-
scarto – di volta in volta lo straniero, l’ebreo, il nero, il musulmano – spesso espulsi dallo spazio sociale, quali margini di manovra, invece, si delineano per il sapere analitico?
Come trattare alloraquell’originario che incessantemente interroga il lavoro analitico, dandosi sempre come resto o come scarto, come inattuale attuale che si (ri)presenta con la sua domanda?
Pubblicato il 13 Maggio 2025
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